"Santi del Secolo XII - XIII "
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Beato GUGLIELMO da TOLOSA

Beato GIACOMO da VITERBO

Santa CHIARA della CROCE da Montefalco

Beato AGOSTINO NOVELLO

Beata CRISTIANA da SANTA CROCE

Beato ANGELO da FOLIGNO

Beato SIMONE da TODI

Beato ANGELO da FURCI

Beato GIOVANNI da RIETI

Beato SIMONE FIDATI da CASCIA

Beato UGOLINO ZEFIRINI in CORTONA

Beato GIROLAMO da RECANATI

Beata GIULIA DELLA RENA da CERTALDO

Beati LECCETANI

Beato SANTE da CORI
Beato GUGLIELMO da TOLOSA
( 1369 )
Il primo autore che scrisse sulla vita e sulla devozione verso il B. Guglielmo fu il suo concittadino Nicola Bertran nel De Tholosanorum gestis stampato nel 1515, dove raccolse tradizioni tolosane e molto probabilmente qualche relazione scritta.
Secondo questa fonte, Guglielmo nacque a Tolosa in Francia intorno al 1297 in seno a una nobile famiglia e all'età di diciannove anni entrò tra gli Agostiniani della sua città natale. Inviato a Parigi per proseguire gli studi, ottenne il titolo di Lettore in teologia. Al ritorno nella sua provincia di origine, venne incaricato della predicazione e presto ottenne grande fama come oratore, direttore di anime, conoscitore dei cuori e promotore della devozione alle anime del purgatorio.
La Vita riporta che la sua attività preferita era; pregare o contemplare o parlare di Dio; descrive il suo zelo, i suoi digiuni rigorosi e i combattimenti col demonio, di persona e in qualità di esorcista. Riferisce anche grandi e svariati miracoli compiuti prima e dopo la morte.
Eccetto un breve periodo in cui fu Priore del convento di Pamiers, sembra che la maggior parte della sua vita dopo il rientro dallo studio parigino si sia svolta nel convento tolosano nel quartiere di Saint Etienne, dove in quei giorni, esattamente nel 1341, venne celebrato il Capitolo Generale dell'Ordine di s. Agostino.
Ritenuto da tutti santo morì a Tolosa il 18 maggio 1369.
Fu sepolto nel cimitero conventuale, come si era soliti fare, ma pochi giorni più tardi, considerata la venerazione del popolo, memore delle sue virtù e riconoscente per le grazie ottenute tramite la sua intercessione, fu necessario trasferirlo all'interno della chiesa in un luogo più degno e accessibile alla devozione dei fedeli.
Leone XIII ne confermò il culto nel 1893.
La sua memoria liturgica ricorre il 18 maggio.
Beato GIACOMO da Viterbo
(+ 1307)
Discendente forse, della nobile famiglia Capocci, nacque a Viterbo intorno al 1255, ma non si hanno notizie dei suoi anni giovanili. Abbracciata ben presto la vita
religiosa, entrò nel 1272 tra gli Eremitani di s. Agostino, di cui vestì l’abito nel convento viterbese della Santissima Trinità. Prima del 1275 fu inviato a Parigi
a studiare teologia nello Studio del suo Ordine, dove frequentò le lezioni di Egidio Romano, che lo ebbe poi sempre in grande stima. Tornato in patria nel 1281-82,
ricoprì dapprima la carica di primo Definitore della provincia romana nel 1283, quindi fu Visitatore nel 1284 e poi di nuovo Definitore nel 1285, esercitando nel
frattempo, con ogni probabilità, anche le funzioni di Lettore in qualche convento della medesima provincia.
Insieme forse con Egidio Romano, ritornò a Parigi nel 1286 per riprendervi gli studi teologici, conseguendo il Baccellierato nel 1288 e, al termine del prescritto
tirocinio, il Dottorato nel 1293. Su designazione di Egidio Romano, eletto Priore Generale dell'Ordine, fu nominato nello stesso anno Maestro Reggente dello Studio
parigino, rimanendo in carica sino al 1299. Tornato in Italia nel 1300, insegnò per due anni nello Studio di Napoli, che dovette lasciare perché nominato da Bonifacio VIII, il 3 settembre 1302, arcivescovo di Benevento; il 6 o il 12 dicembre successivo venne trasferito alla sede di Napoli, dove, pastore veramente zelante, seppe guadagnarsi la stima e la venerazione del re Carlo II d'Angiò e del figlio Roberto, duca di Calabria, che lo aiutò nella costruzione della nuova cattedrale.
Il 13 maggio 1306 cominciò a trattare la causa di canonizzazione del santo pontefice Celestino V, che gli era stata espressamente affidata da Clemente V e nella quale
egli pose ogni cura, tanto da recarsi personalmente a raccogliere testimonianze sui luoghi stessi dove Pietro di Morrone aveva condotto la sua vita penitente; ed in tale attività seguitò sino alla morte, avvenuta a Napoli, con fama di santità.
Considerato uno dei maggiori teologi scolastici, per l’acume del suo ingegno, meritò l’onorifico titolo di doctor speculativus. L’unica opera pubblicata per intero
del b. Giacomo è il De regimine christiano, scritta nel 1303 in occasione della lotta tra Bonifacio VIII e Filippo il Bello, e che può considerarsi il primo trattato
sistematico sulla Chiesa.
Morì a Napoli verso la fine del 1307 o all’inizio del 1308.
La memoria di Giacomo, subito circondata di venerazione, divenne ben presto oggetto di culto pubblico, confermato ufficialmente da Papa San Pio X solo nel 1911.
La memoria liturgica ricorre il 4 giugno.
Santa CHIARA della CROCE da Montefalco
(1268 - 1308)
Una grande mistica ha illuminato con il suo splendore spirituale gli inizi della storia agostiniana: un'esperienza spirituale particolare e affascinante. Chiara,
nata a Montefalco, già a sei anni d'età sentì la chiamata ad una vita di dedizione a Dio. Mostrando una maturità umana e spirituale fuori del comune, entrò nel reclusorio, costruito dal padre per la sorella maggiore, Giovanna, che stava conducendo vita contemplativa con alcune compagne. Nel 1290 il gruppetto di ragazze, compresa Chiara, che assunse il nome di "Chiara della Croce", venne costituito giuridicamente in monastero, assumendo la Regola di S. Agostino. L'anno successivo, morta la sorella, Chiara venne eletta superiora, ufficio che conservò fino alla morte.
Spiritualmente già matura, Chiara si sentì chiamata ad una esperienza straordinaria; e dopo un lungo periodo di purificazione interiore arrivò all'unione mistica con il Cristo crocifisso. La sua vita ritirata non le impedì di svolgere un intenso apostolato di aiuto a coloro che si rivolgevano al monastero per qualunque necessità. Si interessò delle sorti della Chiesa, mettendosi in contatto con vescovi e cardinali. Consigliò e aiutò spiritualmente sacerdoti e religiosi. Smascherò e fece condannare, lei quasi analfabeta, le insidiose opinioni dei seguaci del "Libero Spirito".
Dopo averla purificata con terribili prove interiori, il Signore legò a sé Chiara con i segni della passione. Negli ultimi tempi della sua vita era solita ripetere
che Cristo ce l'aveva impresso nel cuore. Subito dopo la morte, avvenuta a 40 anni, il 17 agosto 1308, le consorelle vollero provare il senso e il valore delle sue parole. Estratto il cuore vi trovarono impressi i segni della passione. Berengario, Vicario Generale della diocesi di Spoleto, incredulo e minaccioso, accorse subito a Montefalco per verificare di persona le "fantasticherie" che la gente diceva sul conto di Chiara e le "manipolazioni" perpetrate dalle monache. Ma di fronte all'evidenza si convertì in fervente ammiratore e divenne il primo biografo e animatore del processo per la sua canonizzazione, che si svolse tra il 1318 e il 1319, con la deposizione di 486 testi. Solo nel 1881 però Chiara venne proclamata santa da Leone XIII.
Sorella Chiara, anche se inimitabile nella sua esperienza personale, rimane affascinante: rappresenta l’innocenza che Dio ha raccolto prima che il fango della terra la
deturpasse e corrompesse. Nella candida figura di Chiara noi ritroviamo l’amore puro e appassionato per il Signore, l’abbandono docile che permette a Dio di plasmare a
suo piacere le creature, per farne cose straordinarie.
La memoria liturgica ricorre il 17 agosto.
Beato AGOSTINO NOVELLO
(+1309)
Il b. Agostino nacque a Tarano (Rieti) verso il 1240. Dopo aver studiato diritto all'Università di Bologna, lavorò nella cancelleria del regno di Sicilia, alla corte di Manfredi. Morto il re nella battaglia di Benevento (1266), e lui stesso ferito e malato, decise di cambiare vita. Lasciata la Sicilia, si recò nel romitorio di Rosia, nei pressi di Siena, professando come semplice fratello laico col nome di Agostino. Si racconta che in occasione di una sua difesa dei diritti del convento venne scoperta la sua vera identità.
Quando l’allora Generale dell’Ordine agostiniano Clemente da Osimo conobbe il suo talento e le sue virtù, lo trasferì a Roma, dove Agostino, detto "Agostino Novello",
ricevette il sacerdozio. Poco dopo fu nominato da Nicolò IV Penitenziere Apostolico e suo confessore, funzioni che svolse per quasi 10 anni, anche sotto i pontificati di Celestino V e Bonifacio VIII. Nello stesso periodo collaborò alla stesura delle Costituzioni ratisbonensi del 1290.
I Capitolari riuniti a Milano nel 1298 per la celebrazione dei Comizi generali, in sua assenza e senza nemmeno conoscere il suo parere, lo elessero Superiore maggiore
dell'Ordine e Bonifacio VIII lo confermò "senza alcun esame". Accettò con umiltà l’incarico, sebbene ridotto a due anni, in quanto convocò in anticipo il Capitolo in cui rinunziò al generalato. Gli elettori non riuscirono a fargli cambiare idea. Governò con giustizia e grande umanità, promulgando utili disposizioni.
Il più prestigioso legislatore dell'Ordine, nel periodo della sua formazione, trascorse gli ultimi anni di vita nell'eremo di s. Leonardo al Lago, presso Lecceto
(Siena), "riposando all’ombra della divina contemplazione"; tutto dedito alla preghiera e alle opere di carità.
Morì nel 1309. Il suo corpo fu traslato nella chiesa di s. Agostino di Siena, dove il beato venne rappresentato con un angelo dietro il capo - "l'angelo sussurrante"
diventerà una costante iconografica, - simbolo della divina ispirazione. Recentemente il suo corpo è stato trasferito a Termini Imerese in Sicilia.
Nel 1759 Clemente XIII ne approvò il culto proclamandolo beato.
L’Ordine agostiniano ne celebra la memoria il 19 maggio unitamente a quella del Beato Clemente da Osimo.
Beata CREISTINA da SANTA CROCE
(+1310)
Oringa Menabuoi, figlia di umili genitori, nacque a Santa Croce sull'Arno tra il 1237 e il 1240. Amante della purezza fin dall'infanzia, cercò di mantenere sempre
candidi la mente e il cuore, dedicandosi a piccole opere di misericordia. Viveva il proprio distacco dal mondo in particolare con la preghiera, soprattutto quando come
pastorella, sola nei campi, sentiva "il soffio di Dio" mentre badava al gregge. Orfana di madre, fu maltrattata dai suoi fratelli, i quali volevano costringerla ad
accasarsi contro la sua volontà. Fuggì allora dai suoi e si trasferì nella vicina città di Lucca, ove per sette anni si procurò da vivere lavorando come domestica.
Lì, raccolta spesso in orazione nella solitudine d’una soffitta visse gli anni della sua maturazione giovanile.
Intorno al 1265, dopo essere stata in pellegrinaggio al santuario di S. Michele Arcangelo sul Gargano, si fermò a Roma al servizio di una nobile e pia vedova di
nome Margherita, che ben presto restò ammirata dalle sue virtù. Fu proprio in questo periodo che, per gli esempi di carità cristiana da lei costantemente offerti, iniziò ad essere chiamata Cristiana.
Trovandosi ad Assisi con Margherita per venerare la tomba di S. Francesco, "il Signore le mostrò in visione una casa edificata in un luogo e in un modo, in cui poi lei
fece costruire il monastero di S. Croce". Tornata al paese natio disposta a mettere in pratica l’ideale di vita religiosa che le era fiorito nell'anima, dopo aver superato comprensibili ostacoli di ogni tipo, nel 1279 ottenne una casa dal Comune, "nella quale potessero vivere lei e le altre che si unissero nel servizio del Signore." Diede così inizio al monastero di S. Maria Novella e di S. Michele Arcangelo, dapprima come reclusorio francescano, in un secondo momento sotto la regola di S. Agostino, che nel 1296 ebbe il definitivo riconoscimento canonico. L'anno precedente il Capitolo Generale agostiniano celebrato a Siena, "in considerazione dell'amore che le religiose portavano all’Ordine", l’aveva già ammessa alla partecipazione di tutti i beni spirituali.
Favorita da doni straordinari e carismi, come il discernimento degli spiriti, e insigne per umiltà, purezza di vita e carità verso tutti, devota all'Immacolata
Concezione di Maria, morì nel 1310 dopo tre anni di indicibili sofferenze. Fu sepolta nella chiesetta del monastero che essa era riuscita a far diventare un prestigioso centro di spiritualità.
Il suo culto fu ratificato e confermato da Papa Pio VI il 15 giugno 1776.
La sua memoria liturgica ricorre il 4 gennaio.
Beato ANGELO da FOLIGNO
(1226 - 1312)
Sacerdote agostiniano
Il b. Angelo nacque a Foligno nel 1226 dalla nobile famiglia dei Conti. Negli anni 1293 e 1297 si trovava a Gubbio. Uomo di grande pietà, dopo la grande unione dell’Ordine Agostiniano, avvenuta nel 1256 per volontà della Santa Sede, fondò conventi agostiniani nel centro Italia tra i quali anche quello di Convento di Sant' Agostino nella sua città natale. In tutta la sua vita si distinse per pazienza, spirito d’orazione, mortificazione e singolare pietà.
Morì a Foligno il 27 agosto 1312.
Leone XIII ne approvò il culto nel 1881.
Le sue reliquie riposano nella Chiesa di Sant' Agostino a Foligno.
La sua memoria liturgica ricorre il 6 settembre.
Beato SIMONE da TODI
(+1322)
Nacque a Todi verso la fine del secolo XIII. Entrato nell'Ordine agostiniano dopo la Grande Unione dei gruppi eremitici, ne ricevette una formazione intensa di santità di vita, d'amore per lo studio, soprattutto della Sacra Scrittura, di impegno nell'evangelizzazione e nella formazione spirituale e culturale, di ricerca di solitudine, ascesi, preghiera e penitenza. Si dedicò particolarmente allo studio della teologia ed esercitò con frutto l'apostolato della predicazione. Fu Priore Provinciale della Provincia Umbra. Nel capitolo generale di Rimini del 1318 fu accusato ingiustamente ma sopportò tutto con grande rassegnazione e umiltà. Morì a Bologna il 20 aprile 1322 nel convento di S. Giacomo Maggiore dove oggi venerano le sue reliquie.
La sua memoria liturgica ricorre il 20 aprile.
Beato ANGELO da FURCI
( 1246 - 1327)
Il b. Angelo nacque a Furci (Chieti) nel 1246 da genitori agiati, che, essendo sterili, lo ottennero (secondo la tradizione, sulla quale del resto si basano tutte le notizie della sua vita) per intercessione di s. Michele Arcangelo, al cui Santuario, sopra il non lontano Gargano, si erano recati in pio pellegrinaggio. Nel battesimo ebbe il nome di Angelo. Educato esemplarmente dai genitori, fu in seguito affidato a uno zio materno, abate benedettino di Cornaclano, presso Furci, con cui fece rapidi progressi sia nella scienza che nella santità. Morto lo zio, Angelo tornò a Furci. Dopo la morte del padre, si recò a Vasto, dove entrò, nel 1266, fra gli Agostiniani, presso i quali compì gli studi regolamentari e ascese al sacerdozio. Venticinquenne fu mandato a studiare alla Sorbona di Parigi, dove si trattenne per cinque anni. Tornato in Italia, insegnò in vari conventi, finché fu destinato allo studio agostiniano di Napoli, da dove non si mosse più fino alla morte. Si distinse come teologo e oratore: anzi, gli storici gli attribuiscono un commento su s. Matteo e una raccolta di sermoni, che oggi non sappiamo dove siano conservati. Nel 1287 fu eletto Priore Provinciale della Provincia napoletana. Per umiltà rinunciò agli incarichi episcopali di Acerra e di Melfi. Morì a Napoli, il 6 febbraio 1327, nel convento di S. Agostino alla Zecca dove ebbe sepoltura. Il popolo, che già lo venerava da vivo come un santo, incominciò a raccomandarsi a lui, ottenendo favori e grazie. In seguito venne aggregato ai santi compatroni di Napoli e festeggiato il 6 febbraio e il 13 settembre.Grande è la devozione verso di lui anche a Furci, dove nell'agosto 1808 fu traslato il suo corpo. Il 20 dicembre 1888 Leone XIII ne approvò il culto ab immemorabili.
La sua memoria liturgica ricorre il 6 febbraio.
Beato GIOVANNI da RIETI
( + 1336 )
Una tradizione plurisecolare, non suffragata però da alcun documento, dice che il beato Giovanni, come la sorella Lucia, ricordata il 27 luglio, siano nati a Porchiano del Monte, vicino ad Amelia, dove invece, fin dalla metà del Duecento era sorto il convento degli agostiniani. Numerosi indizi portano invece a pensare che i due fratelli siano nati proprio ad Amelia. Entrato molto giovane nell’Ordine agostiniano, fu trasferito a Rieti, dove visse fino alla morte. Di lui così scrive Giovanni di Sassonia (+1380): "Viveva a Rieti un giovane religioso di nome Giovanni, semplice, umile, sempre allegro, uguale agli altri nel mangiare, nel bere e in tutte le altre cose che riguardavano la vita comune dei frati; irreprensibile nei rapporti umani, era veramente singolare nel suo intimo. Amava molto i suoi fratelli e li trattava con tale carità che non gli uscì mai una parola, né fece mai un gesto che fosse in contrasto con la legge dell'amore fraterno. Trattava tutti con amabilità, specialmente gli ammalati e gli ospiti; ad essi lavava i piedi e puliva le vesti, mettendo anche le sue a loro disposizione; li ricolmava di ogni gentilezza e tutto faceva sempre con la più grande gioia. A tutti i sacerdoti indistintamente e spontaneamente, ogni volta che poteva, serviva la Messa con grande pietà. Era solito recarsi da solo nell'orto del convento, e spesso, quando ne usciva, si notava che aveva molto pianto. A chi gli domandò, una volta, perché avesse pianto, rispose: “Perché vedo che l'erba, gli alberi, gli uccelli e la terra con i suoi frutti obbediscono a Dio, mentre gli uomini, ai quali è stata promessa la vita eterna in premio della loro obbedienza, trasgrediscono la legge del loro Creatore. Per questo gemo e piango”. Accadde per diversi giorni, prima della sua morte, che un usignolo venisse a cantare dolcemente davanti alla finestra di questo religioso. Il fatto suscitò la meraviglia dei frati che gli domandarono spiegazione della cosa; egli, sorridendo e con fare scherzoso, rispose che si trattava della sua sposa che veniva ad invitarlo in paradiso. Un giorno, mentre stava servendo la Messa, vide una luce celestiale sull'altare e subito cadde malato e poi con grande pietà rese l’anima a Dio. Immediatamente si verificarono prodigi per l’intercessione di questo santo religioso, tanto che nel primo anno se ne contarono quasi 150…". Dopo la morte, avvenuta forse nel 1336 il suo corpo fu sepolto nella chiesa di S. Agostino di Rieti. Gregorio XVI ne confermò il culto nel 1832.
La sua memoria liturgica ricorre il 2 agosto.
Beato SIMONE FIDATI da CASCIA
( + 1348 )
Appartenente alla famiglia Fidati, vide la luce a Cascia verso il 1280-90. Dopo un breve interesse per la letteratura profana e in seguito per la figura e la dottrina del francescano spirituale fr. Angelo Clareno, vestì l'abito agostiniano. Per tutta la vita si diede alla predicazione, specialmente in Toscana. Biasimava senza paura i peccatori ma la sua severità si estendeva anche a quelli che cercavano la sua amicizia, i quali, a volte, venivano da lui trattati con autentica ruvidezza. Però il suo dire pieno di ardore e di passione affascinava sempre l'uditorio. E non fu meno apprezzato come scrittore, occupazione questa che lo impegnava gran parte della notte. Lo apprendiamo da fr. Giovanni da Salerno che visse con lui per circa 17 anni. Nell'opera più popolare, l’Ordine della vita cristiana, alle origini del volgare italiano, si richiama alla sequela e imitazione di Cristo, un ideale che nel suo capolavoro De gestis Domini Salvatoris viene ulteriormente sviluppato. A proposito di quest'opera si racconta come una volta gli sarebbe apparso il Signore sotto le sembianze di un fanciullo che lo invitava a bere dal calice che gli porgeva. Simone beve e “la dolcezza di questa bevanda gli rimase impressa in tutto il tempo che sopravvisse; facendogli parer insipido ogni altro cibo; e dopo cominciò a scrivere la detta vita del Salvatore”. Il suo pensiero fu influenzato dal Clareno ma, diversamente da lui, seppe evitare gli estremismi. È possibile che Lutero conoscesse l'opera del Fidati, ma ovviamente riflessioni o brani staccati dal contesto non autorizzano a ritenere Simone precursore del Riformatore. Prezioso pure è l’Epistolario che documenta la sua attività di guida spirituale vicina a persone di ogni tipo e ceto sociale. Sia come predicatore popolare che come scrittore influenzò la vita pubblica del suo tempo, sebbene vivesse in modo molto schivo, preferendo una vita di solitudine, di preghiera e di studio. Su questa linea si colloca il suo netto rifiuto di qualsiasi incarico di comando, sia all'interno che al di fuori dell'Ordine agostiniano. Morì, vittima della grande peste, il 2 febbraio 1348. I suoi resti riposano nel Santuario di S. Rita a Cascia. Il culto a lui tributato ebbe l’approvazione di Gregorio XVI nel 1833. Nel calendario agostiniano la sua memoria liturgica ricorre il 16 febbraio.
La sua memoria liturgica ricorre il 2 febbraio.
Beato UGOLINO ZEFIRINI in CORTONA
( 1320 - 1367 )
Nacque a Cortona verso il 1320. Ancora adolescente, a causa di discordie cittadine, fu costretto ad andare in esilio a Mantova dove, nel 1336, entrò tra gli agostiniani del convento di S. Agnese. Tornato in patria nel 1354, il b. Ugolino si consacra a Dio nel “giovane” Ordine agostiniano, voluto da papa Alessandro IV come unione di gruppi di eremiti in vita cenobitica nella spiritualità di Sant’Agostino. Ne riceve quindi una formazione specifica intesa nella santità di vita, nell’amore per lo studio, in modo particolare della Sacra Scrittura, nell’impegno nell’evangelizzazione e della formazione spirituale e culturale, nella ricerca di solitudine, ascesi, preghiera e penitenza. Dopo un impegno singolare nell’apostolato, il b, Ugolino trascorse gli ultimi anni della sua vita nella solitudine di un eremo. Morì verso il 1367. Il suo culto fu confermato dal papa Pio VII nel 1804. Le sue spoglie mortali si venerano nella chiesa di Sant' Agostino in Cortona.
La sua memoria liturgica ricorre il 22 marzo.
Beato GIROLAMO da RECANATI
( 1254 - 1305 )
La vita del beato Girolamo da Recanati, nonostante i numerosi tentativi da parte di studiosi di collocarlo in una data almeno probabile, non sono ancora riusciti nell’intento.Visse probabilmente sulla scia di San Nicola da Tolentino (1254-1305), come tanti beati marchigiani, ma la sua fama di santità non valicò i confini delle Marche e gli storici locali hanno messo in luce i fatti straordinari trascurando ogni riferimento storico concreto. Visse nel convento agostiniano di Recanati (Macerata), dove morì il 12 marzo 1350. Si distinse come uomo di pace in quei tempi di lotte fratricide. Infatti, per ricordare e imitare quel santo concittadino, durante la festa del b. Girolamo, fino ai primi anni del secolo scorso saranno elette alcune persone che avrebbero fatto da pacieri nelle liti nate nella città di Recanati. Pio VII confermò nel 1804 il culto del Beato, le cui spoglie mortali si venerano nella chiesa di Sant'Agostino in Recanati.
La sua memoria liturgica ricorre il 12 marzo.
Beata GIULIA DELLA RENA da CERTALDO
( circa 1320 - 1370 )
Nacque in Toscana, presso Certaldo, intorno al 1320, da una famiglia di nobile origine, ma decaduta. Rimasta orfana in giovane età, entrò al servizio dei Tinolfi nella vicina Firenze dove, venuta a contatto con gli Agostiniani e la loro spiritualità, vestì, non ancora ventenne, l’abito delle agostiniane secolari. Sentendosi portata ad una scelta di vita più radicale ed austera, nel pieno fiore della sua esistenza, decise di abbandonare la città e di rifugiarsi in un luogo solitario. Tornò quindi a Certaldo prendendo alloggio in una stanzetta presso la chiesa agostiniana dei Ss. Michele e Giacomo. Previamente furono aperte due piccole finestre, una corrispondente alla chiesa per assistere alle sacre funzioni, l’altra verso l'esterno per ricevere l’alimento che la pietà popolare le avrebbe fatto pervenire. Fece collocare su una parete un crocefisso, e poi, con solennità, all'esterno un muratore murò l’ingresso. Non lascerà più il suo piccolo “romitorio”. Come le recluse, vivrà segregata dal mondo per un periodo di circa trent'anni, percorrendo fino in fondo la lunga via dell'ascesi e della mistica. Penitenza e preghiera saranno le sue occupazioni quotidiane. A tenerla in vita pensavano i contadini di Certaldo e dei dintorni. Racconta la tradizione popolare che anche i fanciulli corressero in suo aiuto numerosi, portandole qualche cosa da mangiare e che Giulia, grata e sorridente, li contraccambiasse con dei fiori freschi in qualsiasi stagione dell'anno. Nulla di più si sa di lei, se non che era molto venerata dai suoi concittadini per la vita di pietà vissuta sotto i loro occhi. Morì intorno all’anno 1370. Il suo culto si sviluppò subito dopo il suo trapasso, poiché già al 1372 risale la dedicazione di un altare nella stessa chiesa presso la quale aveva vissuto e dove era stato tumulato il suo corpo. Fin dal 1506, il comune certaldese contribuiva per la festa in onore della beata, alla cui protezione fu attribuita più volte la liberazione dai contagi e dalla peste. I suoi resti mortali si venerano a Certaldo nella chiesa dei Ss. Michele e Giacomo che un tempo era degli agostiniani. Il suo culto ab immemorabili fu confermato da Pio VII nel 1819.
La sua memoria liturgica ricorre il 9 gennaio.
Beati LECCETANI
( circa 1244 )
Eremo di Lecceto. A pochi chilometri da Siena, nell'incantevole panorama delle colline toscane, dove ogni paese, ogni borgo, ogni casa parla di storia e di arte. Ancora oggi, per chi se lo trova improvvisamente davanti, nascosto nel bosco fitto di lecci, percorrendo una strada di terra battuta, rimane un luogo di fiaba e di mistero, di misticismo e di incanto. Lecceto è un simbolo tra i più significativi ed efficaci della spiritualità agostiniana lungo i secoli, reso oggi vivo e palpitante dalla presenza permanente di una comunità di monache agostiniane di vita contemplativa. Come ogni fondazione avvolta nel mistero, quando storia e leggenda si confondono, l'origine dell'eremo di Lecceto affonda le sue radici nella notte dei secoli. Divenuto convento agostiniano intorno al 1244, nel 1387 dà inizio al movimento di riforma all'interno dell'Ordine. La riforma leccetana mette in evidenza la dimensione contemplativa e ascetica dell'Ordine, insidiata nei secoli XIV e XV da risvolti negativi (secolarismo e mondanità) che penetrano nelle comunità agostiniane, nel tentativo di aprirsi alla cultura e alla sensibilità nuova dell'umanesimo e del rinascimento. Numerosi frati da varie parti d'Italia e d'Europa chiedono di andare a vivere a Lecceto. S. Caterina da Siena trova lì il suo confessore; da lì chiama i frati da inviare a Roma per aiutare il papa nel tentativo di riformare la Chiesa. S. Bernardino da Siena frequenta abitualmente l'eremo. Si crea la leggenda. A poche centinaia di metri dall'eremo, dove i frati vivono in comunità, dedicandosi alla preghiera e alla meditazione, al lavoro, allo studio e alla predicazione, ci sono grotte scavate nel tufo nelle quali chi lo desidera può trascorrere giorni di deserto e di raccoglimento assoluto, portando con sé "un poco di pane e di sale" per cibo, soli con se stessi, con la natura e con Dio. In un grande quadro che si conserva nell'eremo è dipinto l'albero genealogico della santità fiorita a Lecceto: vi appaiono 25 nominativi. Questo incantesimo finisce nel 1808, quando le leggi napoleoniche sopprimono la comunità religiosa e confiscano il convento. L'eremo passa nel 1816 in proprietà alla diocesi di Siena: quando non è utilizzato, d'estate, dai seminaristi in vacanze, rimane luogo di rovi e di serpi. Fino al 1972, quando un piccolo manipolo di coraggiose suore agostiniane, provenienti da Siena, sfidando le difficoltà e l'abbandono di due secoli, ridanno a Lecceto l'incanto perduto. E ora un canto di lode sale continuo a Dio da quel luogo sperduto in un bosco di lecci, restituito alla contemplazione e a chi desidera trovarvi ospitalità e silenzio.
La sua memoria liturgica ricorre il 9 ottobre.
Beato SANTE da CORI
( + 1392 )
Eremo di Lecceto. A pochi chilometri da Siena, nell'incantevole panorama delle colline toscane, dove ogni paese, ogni borgo, ogni casa parla di storia e di arte. Ancora o Nacque a Cori, nel Lazio, nella prima metà del 1300. Entrato da giovane nell’Ordine agostiniano dopo la Grande Unione dei gruppi eremitici, ne ricevette una formazione intensa di santità di vita, d’amore per lo studio, soprattutto della Sacra Scrittura, di impegno nell’evangelizzazione e nella formazione spirituale e culturale, di ricerca di solitudine, ascesi, preghiera e penitenza. Priore di Cori, si dedicò particolarmente allo studio della teologia ed esercitò con frutto l'apostolato della predicazione e per lo spirito di penitenza. Di lui ci ha lasciato un breve, ma vivace, elogio il famoso concittadino Ambrogio Massari, che fu Priore Generale dell'Ordine agostiniano dal 1476 al 1485 e che a 1ui era imparentato. Morì nel 1392. Il suo culto fu approvato da Leone XIII il primo febbraio 1888.
La sua memoria liturgica ricorre il 5 ottobre.